MANIFESTO DELLA GENITORIALITA’ POSITIVA
promosso dalla RETE GENITORI POSITIVI
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    La genitorialità è una funzione sociale.

    Ogni bambino/a nasce in una storia familiare ma appartiene all’intera comunità; pertanto, l’educazione è un processo multifattoriale e ciascun cittadino deve fare la propria parte, o come“antenna” sul disagio, o come “genitore sociale” supportivo. Ogni cittadino può farsi promotore e attore di reti di aiuto. Le istituzioni deputate all’educazione, al sostegno e alla cura dell’infanzia hanno il dovere di dare priorità alle condizioni di fragilità e di mettere al centro delle agende pubbliche l’interesse primario di bambini/e e ragazzi/e

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    La genitorialità è responsabilità nella cura.

    Ogni relazione educativa si fonda su un’etica della responsabilità ovvero sul dovere di dare risposte adeguate centrate sul/la bambino/a, e quindi deve formarsi in tale compito. Anche quando vige la separazione dei genitori, occorre che ciascuno dei due ponga i bisogni del figlio al centro di ogni decisione e azione.

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    Ogni bambino/a e ragazzo/a ha bisogno di adulti capaci e competenti.

    L’adultità non è scontata, ed è una funzione spesso in crisi. Diventare genitori e educatori è un processo impegnativo di messa in discussione e di crescita continua, e non può essere considerato una funzione soltanto biologica. Le condizioni di particolare vulnerabilità genitoriale vanno affrontate come priorità da reti sociali, servizi, istituzioni e politiche sociosanitarie e scolastiche.

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    Ogni genitore o educatore ha il dovere primario della sicurezza.

    L’atteggiamento sicuro mette in opera pensieri e sentimenti costantemente pro-tesi verso protezione del/la bambino/a da esperienze sfavorevoli. La sicurezza, atteggiamento attivo che stimola autonomia, non va confusa con l’iperprotezione che è invece basata sulla paura del genitore. È fondamentale occuparsi precocemente di genitori fragili, salvaguardando in particolare il supporto nei primi tre anni di vita del bambino

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    Ogni processo educativo va incentrato sui bisogni evolutivi.

    Ogni bambino/a è unico ed ha bisogni specifici in ogni fase della vita, e richiede adeguate competenze per affrontare situazioni di vulnerabilità, che non vanno lasciate all’improvvisazione o al “buon senso”. Ogni fase del ciclo dello sviluppo richiede risposte appropriate, ed è dovere di genitori e educatori allenarsi alla sintonizzazione.

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    Il maltrattamento all’infanzia esiste e condiziona gravemente lo sviluppo.

    Proveniamo da una storia educativa che ha spesso giustificato l’adulto nelle sue condotte trascuranti, maltrattanti o abusanti verso i/le bambini/e. La genitorialità non può basarsi sulla sopraffazione, fisica psicologica o sessuale, né sull’esercizio del potere e della forza. Ogni condotta violenta diretta o indiretta va condannata e affrontata.

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    La persona non va giudicata, il comportamento sì.

    Il lavoro di formazione, accompagnamento e valutazione dei genitori non parte da posizioni giudicanti. L’inadeguatezza genitoriale è una fragilità e non una colpa, ma diventano colpevoli il comportamento reticente del singolo, l’omertà familiare, l’indifferenza dei vicini, l’inefficienza dei servizi e le mancanze delle istituzioni.

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    Ogni genitore e educatore deve essere sostenuto.

    Sono venute meno le reti familiari allargate di un tempo, oggi la genitorialità è spesso sola e fragile. Comunità e servizi devono garantire supporto sociale e psicologico a genitori e educatori; chi non ce la fa da solo ha il diritto di chiedere aiuto per poter esercitare al meglio le funzioni di cura.

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    Genitori e educatori non si nasce ma si diventa

    Nella relazione educativa c’è sempre la proiezione dei sentimenti dell’adulto sul/la bambino/a e la riattivazione delle proprie esperienze infantili non rielaborate. Pertanto, ogni adulto ha bisogno di luoghi qualificati per elaborare i sentimenti e le reazioni che scaturiscono dalla relazione col/la bambino/a, per essere adeguatamente responsivo.

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    Senza cura di sé non può esserci buona cura dei figli.

    Non è sbagliando che si impara, si impara solo cambiando schemi mentali disfunzionali. I genitori e gli educatori adeguati si mettono in discussione, ed hanno il coraggio chiedere e prendere aiuto per cambiare atteggiamenti pregiudizievoli, sapendo che è sempre possibile riapprendere, ridecidere e cambiare.